È fresca di stampa la XXVI edizione del Libro d’Oro della Nobiltà Italiana

Anche l’edizione XXVI è stata realizzata. Continua così questa pubblicazione che difende ininterrottamente storia e valori della nobiltà italiana da più di 110 anni. Fondata nel 1910 dal Collegio Araldico di Roma, elenca le famiglie che erano riportate nel Libro d’Oro della Consulta Araldica del Regno d’Italia e quelle comprese negli Elenchi Ufficiali Nobiliari del 1921 e del 1933.
In seguito ad un attento esame della documentazione, sono anche presenti le famiglie che abbiano ottenuto (dopo il 1946) un provvedimento di grazia di Re Umberto II, o un provvedimento di giustizia del Corpo della Nobiltà Italiana (CNI), o un atto sovrano dei Sommi Pontefici (dopo il 1870), oppure della Repubblica di S. Marino (dopo il 1861), o la cui nobiltà sia stata riconosciuta, ai fini dell’ammissione nelle categorie nobiliari dal Sovrano Militare Ordine di Malta (SMOM).

La XXVI edizione è organizzata in ordine alfabetico su due volumi per un totale di 1900 pagine, formato cm. 11 x 16. Vi sono illustrate circa 2.000 famiglie con un breve cenno storico, lo stato di famiglia e lo stato individuale aggiornato, nonché lo stemma in bianco e nero.

Sin qui nulla di nuovo, anzi è il consolidarsi della tradizione di un lavoro che, per completezza e oggettività, non ha eguali in Italia.

Ma la XXVI edizioni presenta delle novità sotto diversi punti: attenzione alla storia, all’estetica, agli sviluppi tecnologici.
Per una maggior rispondenza storica sono stati inseriti per ogni famiglia l’ultimo riconoscimento nobiliare ottenuto: è così facile comprendere se la famiglia fosse già negli elenchi ufficiali del Regno, se sia stata nobilitata dal re Umberto II, se sia un riconoscimento nobiliare dell’Ordine di Malta, o di San Marino, o del Vaticano.

L’estetica è premiata da più di 40 stemmi a colori a piena pagina, che illuminano i volumi e li rendono più piacevoli alla vista.

Infine gli aspetti tecnologici; nelle prima pagine si trova un QR-code: inquadrandolo col cellulare si ha la possibilità di approfondire la conoscenza delle famiglie che ci abbiano voluto inviare del materiale: storia della famiglia non contenuta nei necessari limiti della stampa cartacea, genealogie risalenti a quanto si voglia, fotografie di case, di antenati, di pergamene…senza limiti di spazio. Un modo non solo per far conoscere la propria famiglia, ma anche per raccogliere in un unico “posto” quanto della storia individuale si voglia tramandare, con uno strumento che le giovani generazioni apprezzeranno sempre di più.

Una tradizione più che centenaria che si rinnova…

Per informazioni: info@collegio-araldico.it

Bubi, don Alberto Notarbartolo di Villarosa principe di Furnari non c’è più

Bubi non c’è più. In gennaio, nella notte tra sabato 1 e domenica 2 di questo nuovo, faticoso anno, si è spento, nella clinica Fornaca di Torino, dove era stato ricoverato d’urgenza.


 

Gli avevo parlato una settimana prima, con l’impegno che presto, non appena fosse stato un po’ meglio, sarei andato a trovarlo. Gli avevo parlato il mattino stesso del suo ricovero, combinando con lui, faticosamente, di vederlo all’indomani. Ma le sue condizioni peggiorarono rendendo inevitabile il ricovero. Così, causa Covid non l’ho più visto.

Ho perso un amico. Un amico a cui ero molto legato, nonostante la nostra differenza d’età. Un amico che avevo da tempo al mio fianco, prima, e per diversi anni, nell’azienda metalmeccanica e poi come Presidente entusiasta e fattivo nell’avventura del Libro d’Oro, di cui era socio fondatore.

Calmo, riflessivo, era sempre in grado di frenare un po’ le mi follie, era sempre capace della visione giusta delle cose, di fare da ago della bilancia tra la saggia prudenza di Tomaso e la mia esagerata voglia di fare.

La sua grande umanità era una risorsa per tutti, sapeva calmare gli animi, dare fiducia, incoraggiare, frenare…umanità che la gente percepiva. Basti pensare con quale facilità riusciva a coinvolgere gli amici altolocati ed i più bei nomi dell’aristocrazia italiana nelle iniziative della Libro d’Oro, dal volume sulla Residenze della Nobiltà Italiana alla decisione di portare i soci – un’altra follia – a più di cento persone. Ma, soprattutto, la sua umanità era percepita dalle persone di tutti i giorni, dall’amico questurino all’uomo tuttofare che lo aiutava in alcune incombenza, dalla nostra donna delle pulizie che, quando lui veniva a casa, si faceva un dovere di salutare … e lei si scioglieva.

Ma, ogni tanto, il suo appartenere ad una delle più grandi famiglie feudali della Sicilia, il suo sangue siciliano, come lui amava ricordare, prendevano il sopravvento ed allora era lui che voleva far sentire alta la protesta a fronte di un qualche comportamento scorretto, era lui che sollecitava i nostri avvocati a denunciare illeciti, era lui che andava su tutte le furie nei confronti delle improbabili cause che venivano promosse contro la società ed i suoi amministratori.

Ci vedevamo molto spesso. Quando ancora stava bene e guidava, un paio di volte alla settimana veniva a prendere il caffè da me; si parlava della vita del Club, della Delegazione piemontese dell’Ordine di Malta al quale lui orgogliosamente apparteneva, si parlava di tutto un po’. Mi raccontava dei figli, ed allora tutto il suo amore di padre orgoglioso trapelava; mi raccontava, con il suo sottile umorismo, di incredibili ed esilaranti pranzi al Club; mi raccontava della Firenze in cui aveva vissuto per alcuni anni con la giovane sposa Ilaria e di personaggi fiorentini anche un po’ miei parenti, di Umberto Agnelli con cui giocava da piccolo. E c’erano i ricordi di Stresa, con la sua Mamma, c’era la sua grande amicizia per Carlo Villarosa, un po’ il decano della famiglia a cui era molto legato e che spesso sentiva, anche se un oceano li divideva dalla lontana San Paolo.

Quando Ilaria lo lasciava solo per i suoi viaggi in Argentina a volte veniva a colazione da noi, sia Torino sia a Villar Dora, e per lui non mancava mail il “finto pesce” a base di tonno e patate; e anche le mie figlie gli volevano bene, “il Principone”, un po’ amico e un po’ nonno, la cui presenza era stata fortemente voluta ai loro matrimoni: e lui, quantunque tendenzialmente orso, era sempre venuto.

Ne abbiamo fatte di cose insieme. Viaggi, allora per lavoro, a Nardò in Puglia, a Stresa, dove il ricordo di sua Madre, che per tanti anni vi aveva vissuto, lo riportava ad essere un po’ il Principe, anche nei confronti del Sindaco. Fugaci e amichevoli colazioni a Cherasco, ospiti di Umberto Fracassi.

Almeno una volta al mese ci si trovava in casa sua per il Consiglio di Amministrazione della Libro d’Oro: era più un ritrovarsi tra amici, gratificati dalle pizzette calde e dal bicchiere dii vino che non mancavano mai. Certo, si discuteva, si prendevano decisioni, si esaminavano proposte, si definivano linee d’azione: ma non mancava mai la gioia di stare insieme, l’armonia, l’unisono nelle decisioni.

Ma era anche un raccontarci le vicende di famiglia, i progetti dei figli e sui figli, le speranze. E quando Bubi ripercorreva con noi la sua vita in Argentina, i gauchos, l’amata casa, il “Trili”, dal grande parco che la circondava, immersa nelle terre e nelle vacche, lo si sentiva tornare agli anni passati, a quando i figli – gli adorati figli Giovanni, Monica ed Irene per i quali stravedeva – erano piccoli, alle loro gesta, al loro crescere, con lo stesso amore che, negli anni più recenti, dedicava alle nipoti, Vittoria, Barbara, Alessandra e Sofia, la nipote in Argentina.

Bubi non c’è più. A noi resta il ricordo di un grande amico, alla famiglia il conforto di sapere di essergli sempre stati vicino: la famiglia era tutto per lui. E lui era tutto per la famiglia.

Fabrizio Antonielli d’Oulx

Il funerale si celebra martedì 4 gennaio alle ore 10.00 nella chiesa della Crocetta di Torino

Convegno nazionale di studi Nomen Omen: Profili del diritto al nome

Una bottiglia di vino con uno stemma si vende meglio; una villa con un nome celebre attira di più.

Si può allora vendere una villa ed autorizzarne l’uso del proprio nome?

Anche contro la volontà dei parenti? Chi può disporre dell’uso di uno stemma antico? Esso segue l’azienda o segue la famiglia?

Bastano pochi esempi per confermare che ogni analisi economica presuppone un approfondimento giuridico; ma ci avviciniamo ad un periodo in cui un valore economico è riconosciuto a diritti personalissimi, come il nome, l’immagine, l’identità personale, proprio per dar loro valore.

Il convengo ambisce allora dipanare i nodi giuridici tra nome e insegna, nome e azienda, nome e ditta, nome e beni immobili o mobili, alla luce del nuovo quadro della disciplina d’anagrafe, del diritto di famiglia, della tutela del consumatore, della riservatezza, indagando altresì gli orientamenti delle supreme Corti nazionali ed europee nel bilanciare le opposte esigenze.

Fra tutto questo si fa strada un concetto ormai ricorrente, ma ancora da definire: l’Identità.

Venezia, Università Ca’ Foscari, Aula Magna di Ca’ Dolfin, venerdì 8 ottobre 2021, h. 15-19

Programma W.E.

Venezia, Circolo dell’Unione, venerdì 8 ottobre 2021, h. 20: pranzo.

Venezia, Biblioteca Marciana, sabato 9 ottobre 2021, h. 10: visita guidata da Marino Zorzi, già direttore della Biblioteca, discendente del 50° Doge di Venezia.

Venezia, Palazzo Ducale, sabato 9 ottobre 2021, h. 15: visita guidata da Antonio Foscari, già professore all’Istituto Universitario di Architettura, discendente del 65° Doge di Venezia.

Piazzola Sul Brenta, Villa Contarini, domenica 10 ottobre 2021, h. 11: assemblea ANRV.

Piazzola Sul Brenta, Villa Contarini, domenica 10 ottobre 2021, h. 12: visita guidata alla villa

Piazzola Sul Brenta, Villa Contarini, domenica 10 ottobre 2021, h. 13,30: colazione in villa.

Piazzola Sul Brenta, Villa Contarini, domenica 10 ottobre 2021, h. 15: Convegno su “I Contarini”.

SAVE THE DATE!

Presentazione del libro da parte dell’autore, Giorgio Enrico Cavallo

Presentazione del libro

Deportazione e ritorno in patria dei nobili piemontesi nel periodo giacobino 1799-1800

Giorgio Enrico Cavallo e Mario Scarzella

Ignazio Thaon de Revel è noto per il suo impegno politico, per essere uno dei principali – forse, il principale – esponente della Restaurazione in Piemonte. Fino a pochi mesi fa, nessuno immaginava che lui insieme al fratello Ignazio fossero stati protagonisti di un’avventura a dir poco romanzesca, una storia avvincente che ha consegnato ai posteri con un memoriale che è stato pubblicato nell’Ottocento come appendice di un volume del nipote, Genova Thaon de Revel, ma mai ripubblicato e soprattutto mai tradotto.

Si può ben dire che la Fuite de Dijon di Ignazio Thaon de Revel è un testo che è stato riscoperto, e tutto ciò grazie all’impegno di Marco Albera che ha inseguito per anni il manoscritto originale – disperso, probabilmente, dopo lo smembramento della biblioteca della villa di San Raffaele Cimena – e che lo ha donato alla famiglia Thaon nel corso della presentazione del volume “Fuite de Dijon. Deportazione e ritorno in patria dei nobili piemontesi nel periodo giacobini 1799-1800”, curato da me e da Mario Scarzella.

Non appena Albera mi ha presentato il manoscritto, ho ritenuto urgente indagare per saperne di più, ma soprattutto mi sono appassionato e ho voluto a tutti i costi che la rocambolesca fuga dalla prigionia di Ignazio e del fratello Giuseppe Alessandro ottenesse gli onori di una pubblicazione.
Il volume presenta la prima traduzione italiana del manoscritto del grande statista piemontese (manoscritto riprodotto interamente in appendice), oltre ad un saggio che analizza la vicenda storica: i giacobini avevano infatti ordinato che i nobili sabaudi venissero deportati in Francia per azzerare la resistenza e per poterli usare come ostaggi in caso di disfatta militare.

I nobili, imprigionati a Digione, furono fortunati: tornarono in patria sani e salvi, senza sperimentare la fredda lama della ghigliottina che in Francia continuava a mietere vittime. Tuttavia, alcuni di essi – come il ministro Clemente Damiano di Priocca – dovettero compiere un viaggio rocambolesco via mare e i fratelli Thaon una fortunosa fuga a piedi attraverso le Alpi.

Il loro è un racconto avvincente: ovunque c’era il rischio di incontrare spie, delatori, traditori. I passi di montagna erano la loro unica via di salvezza: abbiamo ricostruito il loro percorso e scoperto che si avventurarono, forse per primi, in luoghi che oggi solo gli esperti alpinisti conoscono. Un testo che, lungi dall’essere un episodio della microstoria, è invece un capitolo importante della storia del Piemonte e della Francia: permette di capire come la Rivoluzione pretendeva di essere totalizzante. E a chi non si adeguava, restava una sola via: quella della fuga.

FAMIGLIE NOBILI ITALIANE: Titoli, Feudi, Riconoscimenti

FAMIGLIE NOBILI ITALIANE

Titoli, Feudi, Riconoscimenti

Fonte unica: Libro d’Oro della Nobiltà Italiana Ed. 2015-2019 e preced.ti. Ed. Collegio Araldico – Roma

di Patrizio Giangreco

Il Libro d’Oro della Nobiltà Italiana continua ad essere una fonte importante di notizie ed informazioni che, organizzate di volta in volta in modo diverso, riescono a dare della Nobiltà italiana una visione sia attuale, sia storica.

Ne è prova la rilevazione statistica che Fabrizio Antonielli d’Oulx ha cercato di interpretare per arrivare ad una indicazione di massima di quanti possano essere i Nobili in Italia, pubblicata sul numero di dicembre 2016 (pag. 7 e seguenti) della gloriosa Rivista del Collegio Araldico, il cui primo numero risale al 1907.

Ne è prova questo lavoro di Patrizio Giangreco che ha organizzato una tabella per evidenziare titoli, feudi, riconoscimenti delle famiglie nobili italiane, basandosi non solo sulla XXV edizione del Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, ma anche su edizioni precedenti.

È un lavoro importante, che in qualche modo richiama – si parva licet componere magnis – il lavoro di Francesco Guasco di Bisio (Dizionario feudale degli antichi Stati Sardi e della Lombardia (dall’epoca carolingica ai nostri tempi, 774-1909), Pinerolo, Tipografia già Chiantore-Mascarelli, 1911, 5 voll., pp. compl. XVI-2370, Biblioteca della Società Storica Subalpina, LIV-LVIII) fece per gli antichi Stati Sardi, reperibile anche nel sito dell’Associazione VIVANT (http://www.vivant.it/guasco/home_guasco.php)

Per fare un lavoro serio e non circoscritto solo a quanto pubblicato nel Libro d’Oro,  si dovrà poi decidere che cosa fare nei confronti delle numerose famiglie che mancano all’appello (quanti da tempo non acquistano o non aggiornano la scheda della loro famiglia pubblicata sul LdO), sempre verificandone i dati, sovente incompleti e talora inesatti.

Certamente sull’argomento ci sarebbe ancora molto da fare, consultando i fondi archivistici della Consulta e del Libro d’Oro della Consulta Araldica del Regno, così da disporre di dati sia per le famiglie ‘asteriscate’ nella XXV edizione del Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, sia per quelle contenute (comunque) negli Elenchi Ufficiali definitivi (vedansi pubblicazioni 1933-34 e 1922), da integrare per i successivi provvedimenti, tanto di grazia che di giustizia, con i Bollettini della Consulta Araldica e con i bollettini del CNI per i riconoscimenti più recenti.

È comunque con piacere che questo lavoro, di grande impegno e di notevole pazienza, di Patrizio Giangreco viene reso pubblico e fruibile ai frequentatori del sito www.librodorosrl.it.

 

Patrizio Giangreco (Napoli, 1955). Ingegnere aeronautico; ha lavorato per oltre trent’anni nell’industria aerospaziale nazionale, prevalentemente nei settori della qualità e dell’organizzazione aziendale. Attualmente si occupa di consulenze aziendali. Parallelamente all’attività professionale ha sempre coltivato, con la passione del dilettante, gli studi storici, prevalentemente orientati a temi araldici, nobiliari, cavallereschi e militari. È autore di numerosi articoli pubblicati su riviste specializzate, in particolar modo attinenti al patriziato napoletano e al cerimoniale delle corti borbonica e pontificia. A corredo dei succitati interessi culturali, è un appassionato collezionista di onorificenze militari britanniche e di soldatini di piombo raffiguranti, in particolare, gli eserciti delle guerre napoleoniche e i corpi militari pontifici.

Pubblicazioni: Le residenze della Nobiltà Italiana

Le residenze della Nobiltà Italiana

Il libro, di recente pubblicazione, è un viaggio inedito con immagini esclusive fra le architetture, gli interni, gli arredi delle residenze nobiliari italiane che per secoli hanno contribuito, e contribuiscono, grazie al grande impegno da parte dei proprietari, a tenere viva la storia del nostro Paese e ad alimentarne la bellezza

Residenze della Nobiltà Italiana

Una rassegna corredata di schedatura sistematica e di repertorio fotografico perognuno degli edifici nobiliari presi in esame, palazzi urbani, ville e castelli, dimostra di avere un valore aggiunto rispetto alla ricca bibliografia che, sorta da una ricerca ormai pluridecennale e suffragata da convegni d’eccellenza, ha dato, a partire dagli studi di Rudolf Wittkover, come risultato finale, la realizzazione di un vero e proprio sistema delle residenze nobiliari in Italia con la pubblicazione di Atlanti regionali e con riferimento agli antichi stati della nostra penisola.

In attesa di pubblicare la XXVI edizione del Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, che uscirà nel 2020 e per il quale si inizierà ad inviare le lettere per gli aggiornamenti e le prenotazioni alla fine del 2019, la Libro d’Oro srl, che cura la parte gestionale delle Edizioni lasciandone la supervisione al Collegio Araldico, ha deciso di proporre alle famiglie nobili italiane una nuova iniziativa: la pubblicazione di un volume illustrante le case (ville, palazzi, castelli, ecc.) di loro proprietà.

Si vuole far conoscere quanto le famiglie nobili italiane ancora conservino, con la fatica ed i sacrifici che tutti conosciamo, del patrimonio storico-artistico in Italia, sia pure non sempre aperto al pubblico se non in occasioni particolari.

Quali case?

Il volume ospita le residenze delle famiglie nobili che da secoli ne siano le proprietarie.

Per intenderci, un palazzo, anche se splendido, ma divenuto un albergo o la sede di una banca, non rientrerà in questo volume. Così pure le case di famiglie non nobili, in quanto il preciso riferimento è alla XXV edizione del Libro d’Oro della Nobiltà Italiana.

Benissimo invece le case storicamente di famiglia nobile, sia pure modeste…

La travagliata successione sul trono di Sant’Edoardo

[..] Gli Stuart riconoscono come loro stipite Flaad, un cavaliere bretone di origini celtiche, disceso da una famiglia i cui capi, nel XI secolo, avevano sostenuto la carica di siniscalchi di Dol sotto i conti di Dol e Dinan. Flaad ebbe un figlio, di nome Alan, che si trasferì in Inghilterra intorno al 1100 ed ebbe due figli, William e Walter Fitzalan. Il primo diede vita ai Fitzalan, conti di Arundel, il secondo si trasferì in Scozia e fu creato, a titolo ereditario, high stewart (o steward) del reame scozzese da re Davide I. A Walter the stewart furono concesse vaste terre nel Renfrewshire e nel Lothian orientale.

Il terzo high stewart, anch’egli di nome Walter, adottò come cognome la denominazione del suo ufficio: ebbe così inizio la casata Stewart o Stuart.

Nell’anno 1315, Walter, sesto high stewart, sposò Marjory Bruce, primogenita del re degli scozzesi Roberto I; quando il fratellastro di lei, re Davide II, morì senza discendenza nel 1371, il trono degli scozzesi venne trasferito al figlio della coppia Stewart – Bruce, Roberto, che, divenuto re con il nome di Roberto II, inaugurò la dinastia dei sovrani stuardi.

Stemma Giacomo V di ScoziaPassando di padre in figlio attraverso sei generazioni, si giunge, nel 1513, all’ascesa al trono di Giacomo V, bambino di appena un anno. La prima moglie di questi, la sedicenne Maddalena di Valois, figlia di Francesco I di Francia, morì nello stesso anno del matrimonio, celebrato il 1° gennaio del 1537, senza aver potuto dare eredi al sovrano. In seconde nozze, questi sposò un’altra francese, Maria di Lorena, figlia di Claudio, duca di Guisa, e vedova del duca di Longueville Luigi di Valois-Orléans.

Nel 1540, da Maria di Lorena Guisa, Giacomo V ebbe un primo figlio legittimo, il principe di Scozia Giacomo, che morirà all’età di appena un anno; un secondo figlio della coppia reale, Roberto, duca di Albany, morì due giorni dopo la nascita. Una terza figlia, Maria, nacque il venerdì 8 dicembre 1542, ma ormai il trentenne re Giacomo V era vicino alla morte, che lo colpì il giovedì 14 immediatamente successivo: così, ad appena sei giorni di vita, la principessa Maria ascese al trono degli scozzesi.

Educata in Francia, in prime nozze Maria sposò il delfino Francesco e, insieme con lui, salì al trono francese nel 1559; rimasta vedova nel dicembre del 1560, cinque anni dopo prese un secondo marito nella persona di Henry Stuart, lord Darnley e poi duca di Albany, che apparteneva a quella linea stuarda  che aveva avuto molti stretti rapporti con la Francia: da queste nozze nacque nel 1566 un figlio, Giacomo Stuart, che, nel 1567, diventerà Giacomo VI re degli scozzesi, e, nel 1603, Giacomo I re d’Inghilterra.

Gli stemmi dei vescovi di Livorno nel ventesimo e nel ventunesimo secolo

Il ventesimo secolo per la diocesi di Livorno si è aperto con la morte improvvisa  del vescovo Giulio Matteoli, avvenuta il 25 luglio del 1900. Poco meno di un anno dopo, nel maggio del 1901, si insediò monsignor Sabatino Giani, il quale resse la diocesi per il lungo periodo di venti anni, fino alla morte sopraggiunta il giorno 18 febbraio del 1921.

Monsignor Giani nacque a Ponte a Cappiano, il 5 marzo del 1858, da un’umile famiglia del luogo. I suoi biografi ricordano la figura della madre come una contadina, fervente cristiana, dalla fede semplice, ma autenticamente sentita.

Il Giani fu indirizzato fin da giovane alla carriera ecclesiastica e studiò nel vicino seminario di San Miniato, retto a quel tempo dal vescovo Del Corona, mentre precedentemente aveva frequentato a Castelfranco di Sotto le lezioni di uno dei futuri vescovi di Livorno, monsignor Giulio Matteoli, e del fratello di lui, monsignor Marco Matteoli, parroco della locale collegiata, che fra i primi lo spinsero a tali studi.

In seguito si laureò a Roma in teologia dogmatica, divenne poi proposto della cattedrale di San Miniato e professore nel seminario, che egli stesso aveva frequentato; fino ad arrivare, poco più che quarantenne, alla nomina a vescovo di Livorno. Fu anche protonotario apostolico e prelato domestico di Leone XIII.

Stemma famiglia GianiEgli venne designato nel Concistoro del 17 novembre del 1900, fu poi consacrato, il 21 dicembre di quello stesso anno, per mano del cardinale Parocchi. il giorno 23 dicembre gli fu affidata solennemente dal pontefice la città di Livorno ed infine, ricevuto l’exequatur, il 19 maggio del 1901 fece il suo ingresso nella diocesi.

Durante il suo lungo episcopato molti furono gli avvenimenti locali, nazionali ed internazionali, che ebbero riflesso sulla vita della diocesi: dall’epidemia di colera a Livorno del 1911, al terribile terremoto di Messina; dalla guerra di Libia, allo scoppio della prima guerra mondiale. La città in quei primi anni del nuovo secolo era ancora assai divisa tra cattolici e correnti laiche, massoniche ed anticlericali.

Il nuovo vescovo non ebbe dunque un’accoglienza unanime e nel 1902 fu oggetto addirittura di un attentato, compiuto tramite un ordigno rudimentale, lasciato nei pressi della porta della sacrestia del duomo, che portò alla morte di due bambini.

egli fu dunque il pastore che resse la città nel quadro di un periodo di profonda trasformazione sociale, religiosa e politica generale e proprio durante il suo episcopato, nel 1906, si celebrò il primo centenario della diocesi labronica, concomitante anche con i trecento anni dalla fondazione della città.

A questo proposito bisogna sottolineare come, fin dalla sua presentazione ai cittadini livornesi attraverso la sua prima lettera pastorale, mostrò una particolare attenzione per le peculiarità storiche e sociali, che avevano fatto nascere e crescere questa città: infatti volle rivolgere fin da subito un pensiero anche agli ebrei, che da sempre vivevano ed operavano a Livorno.

La morte lo colse improvvisamente, appena sessantatreenne, il 18 febbraio del 1921, e dopo venti anni di episcopato, come ricordano i suoi biografi, la stima, il compianto e il cordoglio del popolo livornese furono generali.

La Libro d’Oro ha editato, per conto di VIVANT, il volume “…alla corte imperiale giapponese”

“…alla corte imperiale giapponese”

Resoconto del viaggio della regia pirofregata Giuseppe Garibaldi, 1872-1874

a cura di Giovanni Riccardi Candiani

Oltre all’importante valore storico, è anche una testimonianza di vita della seconda metà dell’800. Riportiamo alcuni passaggi…

Appena alzati prendiamo il nostro bagno in grandi tinozze di legno in un locale a parte, quindi facciamo un giro in giardino, ove scopriamo sempre qualche cosa di nuovo. Tra le altre vedo una enorme vasca di bronzo di cinque o sei metri di diametro. È coperta di ornati, scritture e disegni ed è un trofeo che i Giapponesi presero nella guerra di Corea due secoli fa

Mi pareva di cominciare allora a dormire (eran le nove del mattino) quando son chiamato in fretta, era il Principe Dati uno degli ex gran daimios, che veniva a far visita al Principe. Si riceve, è vestito di tela di Russia-fustagno, che qualche imbroglione gli ha venduto come stoffa elegante in Europa, per tenuta del mattino. Prima tazza di the che religiosamente bisogna bere. A questo daimios è successo lo scorso anno un brutto scherzo. Era ministro degli Esteri (i giapponesi hanno imparato da noi a cambiare il ministero ad ogni luna nuova) e andò in China a fare un trattato di commercio. Ma gli astuti figli del celeste impero lo misero nel sacco e gli fecero firmare molti articoli svantaggiosissimi al suo paese. Al suo ritorno in Jeddo fu da tutti accusato, perdette il posto e per dippiù fu dall’opinione pubblica additato come meritevole dell’hara-kiri. (Saprai che è l’operazione d’aprirsi il ventre, operazione piuttosto incomoda a farsi, credo, anche da un giapponese). L’infelice che ha molti figli ed è buon padre di famiglia, piuttosto che sacrificare l’onore di questa, vestì l’abito bianco che ogni gentleman deve avere per la funzione ed aspettò quindi giorni che il Mikado gli mandasse l’ordine d’aprirsi il ventre. Furono quindi giorni di agonia ma infine l’ordine non venne. Il Mikado era amico intimo di Dati, e la mancanza di questi involontaria. Ora questo signore vive ritirato e non ha alcuna ingerenza nel governo.

Il teatro è in legno, come in legno sono tutti gli antichi fabbricati giapponesi. La sala è molto grande con un solo ordine di palchi, è di forma quasi quadrata ed il palco scenico riesce molto spazioso e anche bene ordinato. È provvisto al centro di una piastra girevole come quelle della ferrovia, sulla quale s’innalzano mobilia ed alberi secondo l’occasione, in modo che imprimendogli un quarto od una mezza rotazione si può cambiare in un momento l’aspetto del palco scenico. La musica è situata lateralmente e non differisce punto da quella già sentita. L’illuminazione meschina e puzzolente. Il pubblico numeroso, animato, ma educato e rispettoso. Le decorazioni del teatro sono o nulle o meschinissime e pel momento i nostri teatri non hanno da temere di essere sorpassati. Quale sia stata la rappresentazione è cosa difficilissima a dire. Lo stesso interprete che m’ero fatto sedere vicino a me non comprendeva tutto. Mi sarebbe impossibile trovarci un nome. Vi fu commedia, tragedia, canti, salti tutti insieme. Il soggetto è sempre mitologico. Gli attori son vestiti con abiti fantastici e grotteschi, le donne sono proscritte dal teatro. Il modo di illuminare gli attori è curiosissimo. Piccoli ragazzi tengono una candela ficcata in cima di una lunga asta e seguitano l’attore accostandogli la candela sotto il viso e non sempre senza pericolo. L’effetto generale che provasi è quello che si può avere da una riunione di quaranta gatti arrabbiati, una dozzina di bottai e altrettanti calderai in esercizio del loro mestiere. Tutto ciò non è atto a dare una idea favorevole sull’arte drammatica giapponese, ma è la verità

…siamo andati gran casa da the di Atago-Yama. È posta sopra una collina che domina tutta la città e dalla quale si gode di una vista stupenda. Di là vediamo il Tokaido, la strada imperiale che attraversa tutto il Giappone, che ora il Governo fa fabbricare all’europea da ambo le parti, per tutta la lunghezza che attraversa Jeddo. Vediamo la collina dov’era la residenza del Taicoun, o meglio la sua fortezza a quattro ordini di mura e tutte ciclopiche. Vediamo infine, e questo non lontano, ma accanto a noi, le più belle muamè (ragazze) di Jeddo che a gara vengono a servirci il the e l’acqua gelata.

Conduciamo invece il Principe a vedere uno stabilimento di bagni. È una cosa molto curiosa e che merita d’essere vista quantunque contrasti un poco con i costumi europei. Il bagno consiste in una vasta sala ove vi è un piede d’acqua. Ciascuno poi ha due secchie d’acqua calda e fredda per proprio uso. Gl’inservienti dello stabilimento girano a riempir le secchie. I bagnanti son frammischiati fra loro senza distinzione di età e di sesso, e di già fanno le meraviglie come ciò possa parerci a noi strano

Finita la rivista si va all’antico palazzo del Taicou, ed ove aveva residenza il Mikado, prima che bruciassero i suoi appartamenti. Questa residenza è una vera fortezza, ha dieci chilometri di circonferenza. È circondata da un largo fosso, ove crescono a meraviglia nell’acqua stagnante il Loto, pianta sacra. Vi sono quindi quattro cinte di mura e tutte ciclopiche, formate da pietre squadrate e pietre enormi. Ogni ordine si eleva sopra il successivo perché il palazzo e in collina. L’ultimo ordine si innalza da un fosso immenso e direi perfino smisurato come ordine di fortificazione.
L’insieme di questa residenza lungi dal riuscir spiacevole come può sembrare a prima vista, è quanto abbia visto di più pittoresco al Giappone. La fortificazione è abilmente mascherata da una rigogliosa vegetazione, ed il più incantevole giardino è rinchiuso in quelle titaniche mura. Gli spalti sono ricoperti di fiori, di cespugli da giardino, l’interno è un magnifico parco dagli alberi secolari. Nel mezzo vi sono prati verdissimi, viali, stradicciuole in mille sensi, pare di essere in campagna e non in una fortezza. Nella fossa più centrale vi è sempre gran quantità di caccia, nella stagione invernale. Abbiamo traversato questo canale sopra un magnifico ponte di ferro sospeso.
Nell’interno vi è un’infinità di quei punti di vista nello stabilire i quali i Chinesi han tanta abilità. Si trovano grotte, piccole cascate, laghetti, infine quanto può idearsi in un giardino e tutto questo è sull’alto e domina la città. La sua costruzione data da molti secoli, poche persone erano finora penetrate in questo recinto.

Nell’ambito delle molteplici iniziative della lodevolissima Associazione culturale Amici di Bene, sabato 27 ottobre, in occasione del 330° anniversario del consegnamento dello stemma della Città di Bene, molti soci VIVANT sono stati invitati a disquisire su questioni storico-araldiche.

Il libro può essere acquistato anche online, all’indirizzo

La Camera dei Lords: ieri, oggi, domani…

LIBERAMENTE TRATTO DAGLI APPUNTI DI ANDREW MARTIN GARVEY

Quando i Laburisti vinsero le elezioni dicevano di voler togliere ai Pari del Regno il diritto di sedere e votare nella Camera dei Lords, primo passo per creare una Camera dei Lords più democratica e rappresentativa. Il Governo per ora non ha dato una scadenza fissa per le riforme e Sua Maestà la Regina non ha fatto menzione nel Suo discorso dal Trono nel novembre scorso, discorso per altro scritto dal Primo Ministro.

Che cosa c’è nel futuro per i Lords?
Il Comitato per il Programma per la Riforma Costituzionale (Camera dei Lords), presieduto da Lord Irvine, il Lord Chancellor, dovrà decidere se la nuovo Camera sarà formata da membri eletti o nominati o da un mix di entrambi.

Molti Britannici si chiedono se il Regno Unito possa permettersi una Camera dei Lords riformata: attualmente, infatti, i Pari non percepiscono uno stipendio, ma soltanto un rimborso spese per quando sono presente nella Camera con limiti di circa £100 per diem, e chiunque sia stato a Londra saprà che una diaria di 300,000 lire circa non concede molto. Politici a tempo pieno dovrebbero avere uno stipendio adeguato come i loro simili nella Camera dei Comuni che percepiscono circa sei milioni al mese netti. I Pari hanno diritto ad alcuni servizi di segreteria e di cancelleria e l’uso di telefoni gratis, ma solo chi ha un ruolo attivo dispone di una linea privata. I Pari non hanno la posta senza pagamento.

La Camera dei Lords è da sempre vista come una roccaforte delle forze dell’Establishment, ossia del partito Conservatore. Nonostante le promesse Laburiste, io personalmente vedo la riforma come un passo pericoloso verso una costosa democratizzazione: tra poco avremo una classe di politici professionisti prive di esperienze del mondo reale, senza coloro che hanno per così tanto tempo portato le varie esperienze di vari campi della vita nazionale, quello militare, degli affari, del mondo accademico, quello medico ecc.…. Ora vi è nel Lords una istituzione che ha servito così a lungo gli ninteressi della Nazione e dell’Impero britannico, anziché gli interessi personali o quelli di vari gruppi d’interesse o lobbies, servendo come modello per tanti altri nazioni nel mondo.

La Camera dei Lords, non dobbiamo dimenticare, è il luogo dove i Pari del Regno pagano per i propri privilegi con il servizio. La Camera dei Lords è la Camera Alta del Parlamento Britannico. I membri non sono eletti (in questo niente di strano, anche in altri senati vi sono dei membri a vita non eletti) e con l’eccezione dei vescovi che lasciano il loro seggio quando raggiungono l’età pensionabile, sono membri per tutta la vita.
I membri del Lords sono i Pari del Regno e sono divisibili in due gruppi: i Pari o Lords Spirituali (cioè i due arcivescovi, di Canterbury e di York, il primo primate di tutta l’;Inghilterra il secondo il
primate d’Inghilterra ed i vescovi anziani) ed i Lords Temporali. Si può fare una suddivisione di quest’ultimo gruppo: i Pari ereditari e quelli a vita, cioè che non trasmettono il titolo (anche se i figli godono di un titolo e il trattamento di figli di un Pari). Poi vi sono i Law Lords (i giudici) che fanno parte del gruppo dei Pari a vita. I Membri del House of Lords in origine furono membri di vari gruppi della nobiltà che avevano il compito di consigliare il sovrano, cioè i membri della curia regis.

Durante gli ultimi secoli vi sono stati delle aggiunte. Con le varie unioni con l’Inghilterra sono arrivati anche rappresentati le altre nazioni facenti parte dell’Unione, la Scozia e l’Irlanda. Non tutti gli scozzesi titolati però sono membri del Lords. Solamente i Lords del parlamento sono membri, non i baroni o conti feudali. Molti titoli sono ancora ereditari ma vi è una percentuale sempre crescente di Pari a vita e da molto tempo non si creano più titoli ereditari che danno il privilegio di un seggio nel Lords, anche se vi sono ancora altri titoli ereditari come ad esempio quello di baronetto. I più recenti casi sono quelli dei visconti Whitelaw (già deputato Conservatore, poi ucciso dall’IRA) ed il già Speaker della Camera dei Comuni, George Thomas, (entrambi non avevano eredi), poi vi è il conte MacMillan, già primo ministro negli anni sessanta che invece aveva un erede il quale oggigiorno ha un seggio nel Lords.

Fino alla Riforma nel 16° secolo, la maggioranza dei Lords furono quelli Spirituali ed oltre agli arcivescovi e vescovi includevano anche gli abati mitrati. Con lo scioglimento dei monasteri non vi furono più abati e fu messo un limite al numero dei vescovi. Ed ora il numero è fissato in un massimo di 26 di questo gruppo di prelati. Sono membri permanenti, oltre i due primati, i vescovi di Durham, London e Winchester, e per ordine di anzianità altri 21 vescovi della chiesa anglicana. I vescovi di altre denominazioni religiose non hanno diritto a sedersi nei Lords.

Fino al 1958, i Lords Temporali furono o Pari ereditari (coloro che ebbero il titolo per eredità e diviso in sei ranghi: Principi di sangue reale, Duchi [Reali e non], Marchesi, Conti, Visconti e Baroni) ed i cosiddetti Law Lords, i più anziani giudici della corte d’Appello che hanno un seggio nel Lords con il rango di barone, (nominati a vita per espletare quei compiti giudiziali della camera). Nel 1958, però, è passata la legge riguardante le Pari a vita, il Life Peerages Act, che diede alla Regina la possibilità di creare titoli non ereditari sia per gli uomini sia per le donne. Ora questa prerogativa viene esercitato su consiglio del Primo Ministro.

Il numero dei Pari ha avuto un aumento con le unioni della Scozia e dell’Irlanda all’Inghilterra avvenute nel 17° e 18° secoli. All’inizio del 1999, la Camera dei Lords è composto da 759 Pari ereditari, 510 a vita (dei quali 90 sono donne e 26 Arcivescovi e Vescovi). È bene precisare che non tutti i Lords nel Regno Unito sono membri del Parlamento. Sono esclusi i Lords per cortesia ossia i figli dei titolari o capi famiglia, non sono inclusi i Lords per carica, come ad esempio il Primo Lord del Tesoro (che è il Primo Ministro) Lords dell’Ammiragliato o i Lords Lieutenant delle Contee e ovviamente sono esclusi anche quei Lords del maniero, i baroni e conti feudali.

Inoltre, per svariati motivi, circa un terzo dei Pari non frequentano la camera. In media vi sono circa 380 Pari presenti, in maggioranza i Pari a vita. Il Lord cancelliere si siede sopra una sedia detto il sacco di lana "Woolsack". Introdotto dal Re Edoardo II (1327-77), il Woolsack è imbottito con lana come ricordo della ricchezza che il commercio della lana diede all’Inghilterra. Ora è imbottito di lana proveniente da nazioni del Commonwealth, come simbolo di unità. La Camera dei Lords, attraverso il suo Comitato d’Appello, funziona come ultimo corte di appello. Per casi civili nel Regno Unito e casi criminali in Inghilterra, Galles ed Irlanda del Nord. Solamente i Lords d’Appello prendono parte nelle procedure giudiziali. Vi sono 12 giudici a tempo pieno. In linea di massima le funzioni della Camera dei Lords sono simili a quelli dei Comuni per quanto riguarda legislazione, dibattiti e domande all’esecutivo. Vi sono due importanti eccezioni: i membri dei Lords non sono rappresentativi di circoscrizioni e non sono coinvolti in questioni finanziarie o riguardanti le imposte. Il ruolo dei Lords è complementare a quello dei comuni e funziona come una entità di revisione di molte proposte di legge (detto “Bills”) importanti o controverse. Nella Camera dei Lords i membri votano seconda la propria coscienza. Aggiungo anche che è più facile seguire la propria coscienza non avendo un elettorato a cui rispondere, quindi si può dare ciò che una nazione ha bisogno non quello che necessariamente vuole.

Vediamo ora il primo articolo, il più importante, della proposta di legge House of Lords Bill che fu introdotta nella Camera dei Comuni il 19 gennaio di quest’anno, con l’obbiettivo di eliminare il diritto dei Pari ereditari di sedere nella Camera dei Lords. Il primo articolo recita che nessuno potrà essere un membro dei Lords in virtù della sua Paria ereditaria.
Detto esclusione si applica anche ai Membri della Famiglia Reale che hanno il diritto di far parte del Lords (il Principe di Galles, il Duca di Edimburgo, il Duca di York, il Duca di Gloucester ed il Duca di Kent; la Regina non fa parte del Lords quindi non viene inclusa; In fine, quindi, da questi commenti si capisce quanto sarà completo l’eliminazione dalla vita parlamentare la presenza dei Pari ereditari. Mi auguro che il mio intervento abbia dato delle informazioni utili per una maggior comprensione a ciò che concerne la riforma del House of Lords.

BREVE STORIA DELLA CAMERA DEI LORDS
– 14° sec Camera separata, con membri spirituali e temporali, dai Comuni
– 15° sec Pari introdotti, 5 ranghi Duca, Marchese, Conte, Visconte e Barone
– 18° sec Atti delle Unione con la Scozia/Irlanda rappresentanti eletti
– 1834 Incendio
– 1847 Apertura della nuova Camera
– 1876 Atto della giurisdizione d’Appello crea i Pari d’Appello in ordinaria (i cosi detti Law Lords), ultimo tribunale d’Appello
– 1911/1949 Atti Parlamentari, alcuni proposte diventano leggi senza il cosesso dei Lords che possono limitare il potere di ritardare li proposte ad un massimo di un anno, ciò in seguito ai problemi connessi con le leggi finanziarie
– 1958 Atto riguardante le Pari a vita – Baronie a vita, sia uomini sia donne nel House of Lords
– 1963 Atto riguardante la Paria, rinnegare i titolo – Tutti i Pari Scozzesi nei Lords Peerage Act Disclaim peerages –e le nobil donne che godono di una Paria ereditaria personale.
– 1997 Il Programma del partito laburista che include l’intenzione di abolire i seggi ereditari nella Camera dei Lords
– 1998 Proposta di Legge di abolire il diritto dei Pari ereditari di avere un seggio nella Camera dei Lords.

COMPOZIONE DELLA CAMERA DEI LORDS
(secondo il tipo di Paria al 4 gennaio, 1999)
Principe (di sangue reale) 1
Arcivescovi 2
Duchi + Duchi di sangue reale 25+3
Marchesi 34
Conti + Contesse 169+5
Visconti 103
Vescovi 24

Baroni/Sig.ri (Lords) di Parlamento 831
Baronesse + Sig.re (Ladies) di Parlamento +95+3